AT1: c’è vita oltre Credit Suisse

La soluzione del caso Credit Suisse, con la vendita forzata della banca a UBS condotta da FINMA, SNB e Consiglio federale svizzero domenica scorsa, ha innescato forti vendite sul comparto AT1 e interrogativi sul futuro e sull’evoluzione dello strumento.

Nell’ambito dell’operazione, infatti, il regolatore svizzero ha azzerato il valore dei bond AT1 di Credit Suisse per un totale di CHF 16bn, consentendo invece agli azionisti di limitare la perdita del loro investimento (UBS ha valutato la banca CHF 0.76 per azione, il 59% in meno rispetto al valore di chiusura di venerdì 17 marzo, per una valutazione complessiva di CHF3 bn).

Con questa decisione, la FINMA ha di fatto invertito la gerarchia dei creditori rispetto a quanto previsto dalle regole di Basilea, privilegiando gli azionisti a sfavore degli obbligazionisti dei bond AT1. Sebbene gli AT1 siano chiaramente più rischiosi di altri strumenti di debito, sono sempre stati e dovrebbero essere considerati meno rischiosi rispetto alle azioni. Ma questo non è accaduto.

La decisione FINMA: qualche dettaglio

Gli strumenti AT1 assorbono le perdite tramite tre diversi meccanismi, scelti dalla banca al momento dell’emissione dello strumento: svalutazione del nominale (permanente o temporanea, in caso la banca torni solvibile) o conversione in equity.

Le fattispecie in cui si attiva l’assorbimento delle perdite sono invece essenzialmente due:

  • Attivazione del trigger contrattuale (quando il capitale, misurato dal CET1 ratio, scende sotto una determinata soglia, pari al 5.125% o 7%);
  • Attivazione del “PONV” (Point of Non Viability, ossia quando il regolatore ritiene la banca sia vicina al dissesto). In questo scenario la partecipazione alle perdite di azionisti e obbligazionisti è il prerequisito fondamentale prima di poter attivare l’aiuto pubblico.

Dal comunicato FINMA si evince come Credit Suisse non avesse violato i ratio patrimoniali ma che “pur continuando a presentare una situazione di solvibilità, era esposta al rischio di insolvenza. Si ricade quindi nella seconda fattispecie: la FINMA, come evidenziato dal comunicato, ha collegato l’erogazione del sostegno statale (pari a CHF 9bn) alla svalutazione dell’AT1.

“Il sostegno straordinario da parte dello Stato comporta un azzeramento integrale del valore nominale di tutte le obbligazioni AT1 di Credit Suisse per un importo pari a circa 16 miliardi di franchi..”.

Svalutando soltanto gli AT1, la FINMA ha stravolto quindi la gerarchia dei creditori, causando un forte shock sui mercati e con implicazioni che riteniamo siano negative non soltanto per gli AT1 svizzeri, ma a lungo termine per l’intera architettura della normativa di risoluzione svizzera. Non a caso, il giorno successivo, sia Bce che Bank of England[1] non hanno perso tempo nel ribadire, tramite un comunicato ufficiale, il livello di gerarchia dei creditori e che, per gli istituti sotto la loro supervisione, l’equity viene sempre svalutato prima degli AT1.

Cinque considerazioni

  1. La BRRD europea (la Direttiva che regola le risoluzioni bancarie in UE) ha stabilito chiaramente che se una banca è considerata “non viable”, le autorità possono imporre perdite ai detentori di AT1 e T2. Tuttavia, a differenza di quanto accaduto in Svizzera, nell’UE e in UK si afferma esplicitamente che se le autorità decidono di imporre perdite sugli AT1/T2, devono prima svalutare l’equity, rispettando quindi la gerarchia dei creditori.
  2. La svalutazione degli AT1 di Credit Suisse mette in risalto la rischiosità dello strumento e la possibilità che il regulator possa imporre perdite ai suoi detentori, per cui è lecito attendersi un aumento del premio richiesto dagli investitori per sottoscrivere AT1 in futuro.
  3. A giugno ’22, il capitale Tier 1 delle banche Europee ammontava a circa €200bn (in media circa 200 bps di termini di RWA). Per quanto le banche potrebbero essere spinte a sostituire gradualmente una parte di questi strumenti con equity, riteniamo difficile ipotizzarne una sostituzione completa, dato che il mercato avrebbe difficoltà ad assorbire aumenti di capitale di queste dimensioni. Inoltre, anche se il mercato ne avesse la capacità, aumenti di capitale di questa size avrebbero un significativo un effetto diluitivo sugli utili per gli azionisti con una netta riduzione del Return on Equity e dell’attrattività del settore.
  4. Il meccanismo di svalutazione permanente del nominale degli AT1 è sostanzialmente un unicum svizzero, dato che in Europa circa il 50% delle emissioni prevede una svalutazione temporanea del nominale e il restante 50% la conversione in equity, un elemento leggermente positivo dal punto di vista del recovery rate.
  5. Non essendo quindi replicabile in EU lo schema adottato in Svizzera per Credit Suisse, non crediamo che ci saranno danni permanenti al mercato degli AT1 i Europa.